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I giornali online, croccanti come una pizza ma non gratis

di Carlo De Benedetti

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21 maggio 2009

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In questo senso è con particolare interesse che bisogna guardare all'esperienza di MediaNews Group. Venerdì scorso il gruppo americano ha annunciato che i suoi 54 quotidiani - tra cui il Denver Post e il San José Mercury News della Silicon Valley - torneranno a mettere a pagamento molti contenuti. D'ora in poi alcune storie appariranno solo sul giornale e non sul web; il contenuto online sarà costruito in modo, appunto, semplice, intuitivo e ricco per raggiungere un pubblico più giovane e più abituato a pagare; gli utenti online che non sono abbonati all'edizione stampata dovranno registrarsi e pagare una somma per leggere le storie online.
Anche la Apple si sta muovendo. Lo scorso marzo ha presentato il nuovo sistema operativo per l'iPhone, il 3.0, che sarà disponibile a partire da quest'estate. Tra le novità, la possibilità di far pagare agli utenti un servizio periodico (ogni giorno, nel caso dei quotidiani, ogni settimana per le riviste) via AppStore.
L'iPhone, con oltre 25 milioni di pezzi venduti in meno di due anni, potrebbe essere un'ottima edicola. Con la controindicazione, però, per l'editore, di rinunciare al rapporto diretto con il cliente/lettore. Sia in questo caso che in quello di lettori elettronici, infatti, sarebbero aziende terze (come Amazon o Apple) a gestire direttamente billing e rapporto con i clienti.
Il caso dell'iPhone mi porta a una questione cruciale per il problema che stiamo discutendo: contenuti a pagamento, d'accordo, ma quale pagamento? Su questo nessuno ha ancora "la" soluzione, ma certamente parte di essa viene dai micropagamenti. Dalla possibilità, cioè, di conferire al produttore di un singolo contenuto di qualità alcuni centesimi di euro, da parte dell'utente basic, o qualcosa di più da parte di quello evoluto (un blogger, ad esempio, o un aggregatore di notizie).
Si tratta, per essere ancora più chiari, di riuscire a trasferire alla parte premium dell'enorme quantità di contenuti in rete le stesse modalità di vendita-acquisto che ci sono ormai familiari se usiamo l'AppStore dell'iPhone: per acquistare un brano musicale o un'applicazione, basta cliccare su "Acquista". La somma dei micropagamenti effettuati nel corso del mese viene evidenziata come cifra unica sul resoconto della Visa o della MasterCard.
L'utenza dei cellulari si sta sempre più familiarizzando con gli acquisti diretti. Ora bisogna imporre la stessa esperienza al web: i micropagamenti, infatti, saranno possibili se si affermeranno i "borsellini virtuali", alimentati una tantum dalla carta di credito, dai quali prelevare senza alcuna complicazione pochi centesimi di euro.
È su questo principio che si fonderà la piattaforma che il Wall Street Journal lancerà in autunno. Un sistema di micropagamenti pensato per i lettori occasionali del sito, non disposti a pagare decine di dollari per l'abbonamento completo. Questi accessi riguarderanno contenuti specifici in settori di nicchia. Articoli, spesso, realizzati ad hoc per queste sezioni.
Altre ipotesi sono quelle che sta studiando il New York Times: una tariffa "a tassametro", da far scattare dopo un certo numero di pagine fruite gratuitamente; oppure un abbonamento alla community del giornale, da cui accedere a contenuti esclusivi (sul modello Economist), ma anche a eventi e prodotti commerciali (merchandising) che nulla hanno a che fare con l'informazione.
Ecco che torna, così, anche l'ipotesi della pizza. O più seriamente, al di là delle provocazioni del rapporto dell'American Press Institute, dei servizi meteo personalizzati, dell'assistenza fiscale, delle pratiche per la patente o per il permesso di soggiorno, dei pacchetti turistici. Tutto offerto su un sito più o meno a pagamento.
Perché no? Quando ho lasciato le mie cariche operative in Cir, conservando solo la presidenza dell'Espresso, ho detto di voler fare del rilancio dell'editoria e dei quotidiani l'ultima sfida della mia vita professionale. Per vincerla so che devo, che dobbiamo, trovare forme nuove di remunerazione dei contenuti che produciamo. Perciò oggi dico che tutte le ipotesi che vanno in questa direzione vanno prese in considerazione. Purché lo si faccia con serietà e senza l'illusione di disporre di formule magiche.

21 maggio 2009
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